Date: 01/3/02 05:30:46 PM
Name: Riki
Email: r.mirandola@tiscalinet.it
Subject: Re: Le dieci vergini...
Ti ringrazio Logio per la proposta. Questo è il mio contributo.
Prendo la questione dalla coda: "Vigilate dunque, ecc.". E' l'estote parati, ammonimento non minaccia. Ammonimento che suona: l'apporto dell'altro nell'incontro va propiziato e il lavoro di propiziazione, qui, è procurarsi la lampada con l'olio.
Ma le cinque vergini stolte fanno la loro parte di lavoro a metà, cioè sono inconcludenti. La stoltezza è la loro inconcludenza. Sono stolte, non invidiose. Stolte perché ci tengono all'altro ma mancano all'appuntamento. Non invidiose perché il loro non è un controdesiderare, non è un programma di miseria per tutti; è difetto nel giudizio, quindi nel moto. La meta di soddisfazione è mancata: è la nevrosi.
L'invidia è lavorare per l'insoddisfazione di tutti, dopo aver rinnegato la possibilità della propria per mezzo di un altro.
Se le cinque fossero state invidiose, suppongo che non avrebbero preso nemmeno le lampade e sarebbero poi andate furtivamente o con l'inganno dalle prudenti a rovesciare l'olio delle loro lampade. Oppure si sarebbero recate dalle stesse cercando di convincerle che non era vero che lo sposo stava arrivando, che era inutile che si dessero da fare, perché non sarebbe mai venuto. O qualcos'altro del genere: è la perversione.
Riki
Date: 01/24/02 11:26:35 AM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Un buon uso delle cose.
Aggiungo una precisazione: sanzione premiale cui son convitati i "servi"
che conseguono profitto investendo; sanzione punitiva destinata al servo
infingardo (si noti l'assenza di virgolette!), che non mette a
disposizione il suo talento in un rapporto,l'unico che rinuncia ad una
realtà migliore.
Logio.
Date: 01/24/02 12:34:15 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Re: Re: Ancora sulla chat del 16 gennaio
L'Invidia è Odio, in quanto produce nell'uomo un affetto per cui si
rattrista della felicità altrui e, al contrario, gode dell'altrui Male.
L'Odio è Tristezza, concomitante con l'idea di una causa esterna.
Chi immagina che ciò che ha in Odio sia affetto da Tristezza, si
rallegrerà; se, al contrario, immagina che lo stesso sia affetto da
Gioia si rattristerà.
L'Odio non può mai essere buono.
Per Gioia intenderò una passione, con la quale la Mente passa ad una
maggiore perfezione.
Per Tristezza invece una passione, con la quale la stessa passa ad una
perfezione minore.
L'uomo è affetto dall'immagine di una cosa passata o futura con lo
stesso affetto di Gioia e Tristezza che dall'immagine della cosa
presente
Noi ci sforziamo di promuovere che avvenga tutto ciò che immaginiamo
conduca alla Gioia; e invece di rimuovere o distruggere tutto ciò che
immaginiamo conduca alla Tristezza.
La Gioia non è direttamente cattiva, ma buona; la Tristezza, invece è
direttamente cattiva.
Chiamiamo cattivo ciò che è causa di Tristezza.
Chi immagina che ciò che ama sia affetto da Gioia o Tristezza, sarà
anch'egli affetto da Gioia o Tristezza [...].
Da Spinoza, intanto, un contributo raccolto da Logio, per muovere altri
soggetti dell'Universo a ricapitolare ciò che sanno sull'invidia. Logio.
Date: 01/24/02 01:33:15 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Insegnaci a contare i nostri giorni...
IL RICCO STOLTO
Luca 12, 13-21
[13]Uno della folla disse a Gesù: <>.
[14]Ma egli rispose: <>.
[15]E disse loro: <>.
[16]Disse poi una parabola: < [17]Egli ragionava tra sé: Che farò,
poiché non ho dove riporre i miei raccolti?
[18]E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più
grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
[19]Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per
molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.
[20]Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la
tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?
[21]Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a
Dio>>.
...L'argomento dei beni di questo mondo: cosa sono, a cosa servono, che
rapporto dobbiamo avere con loro se vogliamo che la nostra vita sia
felice...
...Siccome i beni della terra sono miei e non sono doni da condividere
con gli altri, ecco cosa farò: ingrandirò i miei granai per poter
possedere sempre di più, per accumulare ancora dell'altro...
...Il destino dell'uomo dipende da un corretto uso delle creature...
...L'accumulo è non condivisione con gli uomini...
...I beni che sono per la vita diventano sorgente di divisione...
... I beni di questo mondo danno morte se accumulati; se invece sono
condivisi con gli altri...
...Insegnaci a contare i nostri giorni...
Spigolando qua e là... Logio...
Date: 01/25/02 11:54:33 PM
Name: Riki
Email: r.mirandola@tiscalinet.it
Subject: Re: Un buon uso delle cose.
Quindi potremmo tener buona la distinzione talento/talenti che, dopo
aver letto e meditato quanto hai scritto, articolerei in questo modo: i
talenti sono il capitale iniziale (non importa quanto grande, importa
piuttosto che non si parte dalla miseria: la miseria segue ed è quella
del terzo servo-figlio, cioè la miseria è una sanzione), i beni ricevuti
in usufrutto (cioè da usare per ricavarne frutto, da usare perché
fruttino, diano frutti) da ciascuno; il talento ha a che fare invece con
il lavoro che va applicato a questi beni-talenti, perché appunto diano
frutti, profitto, arricchimento (talento positivo).
Il terzo servo-figlio è giustamente sanzionato perché si rifiuta a
questo lavoro, alla sua parte di lavoro (e così facendo fa cadere il
rapporto). I talenti donati sono un atto di propiziazione di questo
lavoro (atto paterno), perché consente a ciascuno di mettere all'opera
il proprio talento, cioè iniziare.
Che ne pensi?
Ciao Riki
Date: 01/26/02 02:30:20
PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Re: Re: Un buon uso delle cose.
"talento negativo" è "il non fare dei propri oggetti o talenti il punto
di appoggio di una obiezione al beneficio recepibile da un altro o anche
il non farne il punto di appoggio di una pretesa regolatrice del
rapporto con l'altro..." (G.Contri)
"talenti sono il capitale iniziale i beni ricevuti in usufrutto, il
talento ha a che fare invece con il lavoro applicato a questi
beni-talenti, perché appunto diano frutti, profitto, arricchimento
(talento positivo)"...(Riki)
Trovo che ancora una volta mi sono sorpreso a pensare che sono contento
che tu sia nell'Universo... Logio. Date: 01/29/02 10:35:32 AM
Name: Riki
Email: r.mirandola@tiscalinet.it
Subject: Re: Insegnaci a contare i nostri giorni...
Cerco di onorare con le mie forze chi mi onora come interlocutore.
Ciò che attira la mia attenzione in questa parabola è in particolare
quanto Gesù riferisce del pensiero del ricco stolto al versetto 19 “Poi
dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti
anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”. Mi pare importante
perché sottolinea che la questione non è “se ricco, allora stolto” – con
il seguito che allora sarebbe meglio la miseria e via via fino magari
alla teoria del “poveri ma belli” - ma piuttosto che la stoltezza può
trovarsi nel ricco così come nelle fanciulle di cui già abbiamo parlato.
E questo perché stoltezza ha a che fare con il pensiero non certo con i
beni posseduti (penso a Giobbe ricompensato da Dio con una quantità di
beni da far invidia a Paperone). Il giudizio di Dio, secco, diretto,
senza fronzoli, senza mandargliele a dire è lì subito dopo che il ricco
ha terminato di ragionare tra sé, ha completato il suo piano e sta lì a
fregarsi le mani, pensando a quanto furbo è stato. Stolto. Ma che ha
fatto e pensato ?
Costui lavora - la terra - e ricava profitto - abbondanti raccolti. Fin
qui sembra tutto bene. Poi decide di ampliare i magazzini per meglio
sistemare le sue cose. E ancora niente di male; del resto perché mai
dovrebbe lasciar marcire una parte del raccolto fuori dal granaio solo
perché non c’è più posto?
Ma poi eccolo a rivelare la sua teoria, il suo progetto, quello su cui
ha fondato la sua vita: se ad attenderlo ci sono il riposo, il mangiare,
il bere e il divertirsi vuol dire che finora non c’erano e anzi
sarebbero resi possibili da quanto fatto finora. E quanto fatto finora
era allora più che lavoro, fatica fatta di privazioni retta da un
pensiero del tipo: beh, lavorerò come un matto fino a quarant’anni, non
mi concederò un giorno di ferie, rinuncerò a tutto (piacere e riposo)
per metter da parte, ma dopo…ahh dopo sì che mi darò alla bella vita.
Dopo sì che mi permetterò tutto ciò che non mi sono permesso prima. Non
c’è progetto simile che non sia destinato al fallimento.
Se le cose stanno così allora direi che la sua posizione di pensiero
corrisponde all’idea dell’”una volta per tutte”, del lavorare per
smettere di lavorare, dell’essere soddisfatti una volta per sempre.
Il lavoro per la soddisfazione-felicità non è fatto una volta per tutte
ma rinnovabile e senza alcuna frustrazione o stanchezza, se la bussola
che ci guida funziona bene.
L’ideale di quel ricco è quello nevrotico del “basta lavoro”, del “se
proprio mi tocca che almeno sia una volta per sempre”. Quel ricco è
allora in realtà un miserabile, anche se la cassaforte è piena di
bigliettoni; la sua miseria è la miseria psichica di uno il cui universo
è costituito solo da se stesso e dai suoi beni.
Se Dio è quel Padre che lavora sempre, che altro poteva dire allora se
non: sei proprio uno stolto!
Io arrivo fin qui.
Ciao, Riki
Date: 01/31/02 01:33:49 PM
Name: algor
Email:
Subject: Re: Re: Insegnaci a contare i nostri giorni...
Il problema è che nessuno se la sente di fare come quella piccola donna
albanese, Teresa, che a Calcutta ha davvero incontrato Cristo. Non è poi
così difficile incontrarlo e non è questione di poveri ma belli". Dalle
parti dei ricchi in pecunia, Cristo ci bazzica poco, mentre è possibile
incontrarlo nello sguardo di un sofferente. Come si racconta nel
vangelo: "Avevo sete e..., avevo fame e..., ero ignudo e...", ciò che
faremo ai "piccoli" che incontriamo lo avremo fatto a Lui. C'è qualche
"ricco" che ha bisogno di noi? Forse per eternare con qualche fondazione
il suo nome? Nooo! Bisogna anche dare! Subito, anche a costo di
diventare poveri in pecunia, come S.Francesco!!!!!!!Saluti Algor.
Date: 01/31/02 01:01:27 PM
Name: algor
Email:
Subject: Re: Se ricco allora stolto!?
"se ricco allora stolto"
Non dico che sia proprio così, ma mi sembra che i ricchi,nel vangelo,
non facciano una bella figura: vedi il ricco epulone e quello per cui è
più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che per lui di
entrare nel regno dei cieli. Come la spieghi? E poi mi sembra che Gesù,
non sia interessato alle ricchezze di questo mondo, più di tanto.
Infatti i suoi giravano con bisacce e lui stesso non aveva dove posare
il capo. Saltando di palo in frasca, un santo, Francesco, delle suddette
ricchezze non ha saputo che farsene. Non saranno da buttare, ma a quanto
pare son difficili da maneggiare, non credi? Saluti.Algor.
Date: 01/31/02 01:33:49 PM
Name: algor
Email:
Subject: Re: Re: Insegnaci a contare i nostri giorni...
Il problema è che nessuno se la sente di fare come quella piccola donna
albanese, Teresa, che a Calcutta ha davvero incontrato Cristo. Non è poi
così difficile incontrarlo e non è questione di poveri ma belli". Dalle
parti dei ricchi in pecunia, Cristo ci bazzica poco, mentre è possibile
incontrarlo nello sguardo di un sofferente. Come si racconta nel vangelo:
"Avevo sete e..., avevo fame e..., ero ignudo e...", ciò che faremo ai
"piccoli" che incontriamo lo avremo fatto a Lui. C'è qualche "ricco" che
ha bisogno di noi? Forse per eternare con qualche fondazione il suo nome?
Nooo! Bisogna anche dare! Subito, anche a costo di diventare poveri in
pecunia, come S.Francesco!!!!!!!Saluti Algor.
Date: 02/8/02 12:45:09 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Competenza e iniziativa
Siccome considero internet come un enciclopedia in cui si può trovare di
tutto ho digitato le due parole "competenza" e "iniziativa" e avviato la
ricerca. Vi comunico che un primo risultato mi pare niente male...Perciò
lo incollo così com'è. A voi i commenti: il mio considte nella scelta di
ciò che mostro.
"Ci occupiamo di tratteggiare per primo la figura del tutor: il tutor è
un anticipatore di salute e tuttavia non è un curante. Questa
definizione non fa riferimento alla competenza del tutor ma quella del
soggetto cui l'azione di tutela si rivolge.
Si tratta di soggetti che hanno portato la propria condizione
individuale (competenza) ad un punto d'insufficienza tale da non
consentire la formulazione della domanda di cura.
Nel caso delle ospiti dei Centri di Accoglienza si può dire che la
situazione d'insufficienza della condizione individuale non consente di
formulare un'efficace richiesta di aiuto, di cui la domanda di cura
sarebbe la forma compiuta.
L'anticipo della salute è un credito di normalità che rende possibile
un'iniziativa conveniente. Anticipare la salute non è esortare: fai
così, ma un mostrare come si fa: si fa così.
Si tratta di un anticipo d'efficacia, che rendendo possibile
l'iniziativa dell'altro, non vi si sostituisce.
L'indirizzo è alla ricerca della convenienza in massimo grado - massima
convenienza - essendo questo il grado che comprende la soddisfazione
dell'altro cui l'iniziativa si rivolge.
Sinteticamente possiamo riassumere la funzione di tutela in due punti:
a) Lavoro per la ricostituzione di un soggetto in quanto il soggetto è
titolare di iniziative.
Il termine iniziativa potrebbe semplicemente specificare il nome di
un'azione rivolta ad un altro. L'iniziativa è ben normata se prevede
l'apporto dell'altro. I proponimenti, i propositi, gli impegni non sono
iniziative
b) Lavoro a sostegno dell'iniziativa di un altro attraverso lo strumento
della sanzione.
Il tutor stipula un patto con il soggetto assistito attraverso un
intermediario. Ciò significa che il soggetto cui l'azione di tutela si
rivolge è indirizzato da altri.
La precedente osservazione assume carattere di rilievo, perché individua
un'insidia del lavoro, ossia che il soggetto interessato dall'azione di
tutela sia privo di tale domanda. L'assenza della domanda di tutela, che
è pur sempre una domanda individuale (aiutami a star bene), coincide con
l'assenza di imputabilità.
L'imputabilità è dissolta nella ricerca o nell'elencazione delle cause
ambientali del disagio personale.
La ricostituzione di un soggetto passa attraverso la ricostituzione
dell'imputabilità e ciò implica l'introduzione della sanzione
all'interno del rapporto. L'esercizio della sanzione implica
l'individualità del rapporto e l'esercizio del giudizio di gradimento
individuale.
Quest'ultimo punto è fondamentale per comprendere l'innovazione
comportata dall'introduzione del tutor in ambito comunitario.
Il tutor, infatti, si presenta come garante di uno o più ospiti. Il
tutor garantisce il Centro di Accoglienza che l'intervento realizzato
sia originale ed efficace attuazione delle finalità generali che il
Centro di Accoglienza, in quanto ente giuridico, si è liberamente data.
Il tutor è tuttavia chiamato a realizzare il punto sopra accennato non
mediante l'applicazione di direttive ma attraverso un intervento
direttamente rivolto all'ospite le cui direttive nascono, per così dire,
dal rapporto coll'ospite stesso e per tanto non sono meccanicamente
generalizzabili né riassumibili in regole generali di un Centro di
Accoglienza.
Fatte salve le indicazioni che governano la convivenza di più persone,
l'unica regola generale è che siano introdotte solo le regole del
rapporto individuale.
In questo ultimo senso il tutor è chiamato a garantire, cioè tutelare,
l'ospite anche dal Centro di Accoglienza cioè dall'incombenza di regole
generali che non siano regole del rapporto.
Il tutor si fa per ciò garante che l'iniziativa dell'ospite,
conveniente-mente formulata e accuratamente sostenuta, vada a buon fine.
In ciò precisamente consiste il sostegno, il quale può e deve essere
esercitato anche in forma negativa, quella cioè del non raccogliere e
del lasciar cadere.
L'ospite, di conseguenza, è chiamato a rendere conto delle proprie
iniziative al Centro di Accoglienza attraverso il tutor.
L'ultimo punto introduce un rischio da parte del tutor che può anche
sbagliare nella formulazione del giudizio o essere tratto in inganno.
D'altra parte solo l'assunzione di tale rischio consente l'introdu-zione
della sanzione, inaugurando con ciò il lavoro per la ricostituzione del
soggetto"
Salutissimi da...Logio.
Date: 02/8/02 01:21:59 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Sul soggetto
Anche questa non è male (Socrate!):"È chiaro che essere competente
riguardo all'uomo significa essere soggetto, soggetto che giudica: gli
oggetti, invece, sono giudicati. La soggettività dell'uomo si esprime in
questa competenza. Quindi, perché sia possibile essere soggetto, occorre
che ci sia la verità dell'uomo. Senza la verità, infatti, non è
possibile la competenza come tale. Intendersi dell'uomo significa
intendersi della verità che lo costituisce. In conseguenza, solo colui
che diventa ciò che egli è, vale a dire solo colui che è soggetto, un
essere libero, si intende dell'uomo. "Conosci te stesso!" significa:
diventa te stesso! Sii soggetto! Sii giudice! Giudice dei giudici!"
Ancora saluti per chi leggerà...da Logio.
Date: 02/8/02 02:00:31 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Eheheheheh!
Eheheheh!
Date: 02/8/02 01:21:59 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Sul soggetto
Anche questa non è male (Socrate!):"È chiaro che essere competente
riguardo all'uomo significa essere soggetto, soggetto che giudica: gli
oggetti, invece, sono giudicati. La soggettività dell'uomo si esprime in
questa competenza. Quindi, perché sia possibile essere soggetto, occorre
che ci sia la verità dell'uomo. Senza la verità, infatti, non è
possibile la competenza come tale. Intendersi dell'uomo significa
intendersi della verità che lo costituisce. In conseguenza, solo colui
che diventa ciò che egli è, vale a dire solo colui che è soggetto, un
essere libero, si intende dell'uomo. "Conosci te stesso!" significa:
diventa te stesso! Sii soggetto! Sii giudice! Giudice dei giudici!"
Ancora saluti per chi leggerà...da Logio.
Date: 02/8/02 01:53:02 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Ora basta però...!
Nel sito: http://www.sessuologia.piave.net/recensioni.htm, sempre a
caccia di "soggetto" e "competenza" (sarà perché ho ripreso in mano
Hemingway?), ho trovato, indovinate un po', nientemeno che una citazione
da uno scritto di Giacomo Contri. Naturalmente, poiché sono pigro, la
incollo senza alcun commento convinto che, almeno stavolta, la lepre
correrà!!
G. B. CONTRI
Libertà di Psicologia - Costituzione e Incostituzionalità
SIC Edizioni, Milano 1999, pp. 54
£ 10.000
Ci dedichiamo al primo compito e lavoro di civiltà oggi: la libertà di
psicologia. Da cui nel nostro secolo, e acceleratamente dall'ultimo
dopoguerra a oggi, ci siamo allontanati. Enunciamone il principio, che
meriterebbe di figurare tra i Principi della Costituzione, non solo
dell'Italia ma anche di altri Paesi e dell'Europa, e degli stessi USA:
la parola "Psicologia" in tutte le sue possibili accezioni teoriche e in
tutti i suoi sviluppi pratici è in capo al singolo e a nessuna istanza
sopraindividuale, politica o scientifica o di altra natura. Ciò perché
la parola designa la persona nei suoi moti moventi pensieri rapporti
fini beni interessi affetti. Non potrà che dipendere dalla libertà
individuale, in quanto costituzionalmente assicurata, la scelta del
partner, e eventualmente della dottrina, con cui trattare, anche come
cura individuale, la Psicologia come sua proprietà personale
inalienabile. Psiche e psicologia coincidono. L'eventuale esercizio
illegale di tale libertà è soggetto alle norme del diritto vigente. Si
tratta della libertà come libertà di psicologia, anzi della libertà come
psicologia, del concetto "psicologia" come identico al concetto
"libertà", e ambedue a quello di facoltà o capacità o competenza
individuale. Non si tratta della vecchia "psicologia delle facoltà", ma
di psicologia come facoltà. "Psicologia", se è, è individuale competenza
e, come tale, libertà, oppure non è. O meglio: oppure è psicopatologia,
cioè deviazione dalla e riduzione della competenza come psicologia. Ma
anche in questo caso, è competenza-libertà individuale la scelta del
partner con cui avere cura della propria psicopatologia per riabilitare
la propria facoltà." Abbiamo voluto di proposito citare il brano
d'inizio di questo libricino, piccolo nel formato e nel numero di
pagine, ma "grande" nelle riflessioni fatte da parte dell'Autore in
quanto esemplificativo dell'argomento su cui si andrà a riflettere:
quello, appunto, della libertà di psicologia. L'Autore, produttore di
altri saggi quali "Il pensiero di natura" e "Dalla psicoanalisi al
pensiero giuridico", propone un giudizio sulla cosiddetta "Legge
Ossicini" (56/89) istitutiva dell'Albo degli Psicologi e, in subordine
ad esso, dell'Elenco degli "Psicoterapeuti". "Psicoterapeuti" tra
virgolette. Secondo Contri "Psicoterapeuta" "[...] è semplicemente
qualcuno che fa libero uso, come tutti, della lingua italiana (compresa
la libertà di scelta di tale parola per autodefinirsi) e delle proprie
risorse, e liberamente si propone sotto questa (o altra) parola". Ed
ancora, parlando delle psicoterapie "[...] l'unico fattore accomunante
le più diverse "psicoterapie" è il fatto che un soggetto e cittadino
conferisce fiducia a un altro soggetto e cittadino in ordine a qualche
suo "disagio" o "problema " personale. [...] Lui e solo lui può
autocertificare "mi reco da uno Psicoterapeuta" [...] ossia lui è
l'unica possibile fonte della denominazione "Psicoterapeuta" [...]". Ma
non è tutto. Cerca anche di ridefinire (o forse, più esattamente, di
ri-assegnare) la posizione ed i concetti fondamentali sui cui si basa la
psicoanalisi, facendo considerazioni che sembrano essere scontate ma che
in realtà non lo sono affatto; pensieri e riflessioni che vanno dritte
all'origine del "cosa è" la psicoanalisi e del "cosa è diventata" in
certi ambiti di pensiero. Un libro interessante, oseremmo quasi dire
"senza tempo" rispetto ai concetti espressi, sicuramente polemico e a
tratti di non facile lettura ma indubbiamente stimolante alla
riflessione su un argomento così complesso - ed ancora poco elaborato -
quale è appunto non tanto quello della Psico-Logia in sé, ma quello
della Libertà (di Psicologia).
Bye bye, Logio.
Date: 02/8/02 02:00:31 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Eheheheheh!
Eheheheh!
Date: 02/10/02 09:44:25 AM
Name: aaaaaaaaaaallllllgorrrrrrr
Email:
Subject: Re: Eheheheheh!
??????????????????????????????????????????????????????????????????Algor!
Date: 02/14/02 04:31:08 PM
Name: Riki
Email: r.mirandola@tiscalinet.it
Subject: Re: Re: Se ricco allora stolto!?
Due parole soltanto a integrazione di quanto ho già scritto e che,
riletto, continua a convincermi.
Se Gesù parlasse del ricco in quanto tale, parlerebbe di essenza; se
parlasse di essenze, sarebbe filosofo; allora avrebbero ragione ad Atene
a cercar verità di essenza e distinguere essenza da esistenza e via così
con i secoli di pensiero filosofico.
Mi limito a una personalissima considerazione: se Gesù Cristo è un
essenzialista, allora non mi interessa il suo pensiero.
Riki
Date: 02/21/02 04:51:19 PM
Name: Didier
Email:
Subject: lacan no global?
Anche le concezioni della psicosi, sebbene screditate dalla motivazione
radicalmente individuale caratteristica del delirio, esprimono tuttavia
stranamente alcune forme, tipiche della nostra civiltà, di
partecipazione sociale. Infatti, è nientemeno che un simile ruolo ad
essere assunto, nelle masse umane caratteristiche di questa civiltà,
dall'immagine della vedette, del giornale o dello schermo. Non è questa
la sede per giudicare se immagini simili siano in grado di soddisfare
alle necessità di estasi spettacolare e di comunione morale proprie alla
personalità umana, e di supplire ai riti orgiastici o universalistici,
religiosi o squisitamente sociali, che fino a un certo momento le hanno
espresse. E non è neppure la sede per esaminare se il prestigio di tali
immagini, nonostante la loro portata puramente quantitativa, sia o meno
legato al carattere particolarmente astratto e disumano del lavoro
urbano e industriale, tanto dell'operaio alla catena di montaggio,
quanto del ragioniere o dell'impiegata delle poste. E' certo difficile
non sentire quale disordine psichico collettivo debba risultare dallo
svezzamento alle soddisfazioni vitali che l'uomo ha trovato
ancestralmente nel suo lavoro di agricoltore o artigiano, ordinate
profondamente da un simbolismo nutritivo e sessuale. Della psicosi
paranoica nei suoi rapporti con la personalità.J.Lacan...con buona pace
di Pasolini, Marcuse, Deleuze, Toni Negri...edita nel 1932 per i tipi de
Le François, Parigi...a quattro anni da Essere e Tempo di Heidegger.
Date: 02/22/02 10:42:38 PM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Re: lacan no global?
Se tu non fossi stata
anch'io non sarei quello che sono.
Date: 02/23/02 05:49:15 PM
Name: Didier
Email:
Subject: No Subject
E colui che non si è mai coricato piangendo, piangendo non perché non
riusciva a dormire ma perché non osava vegliare più a lungo; e colui che
non è mai passato attraverso la sofferenza dell'impotenza del
cominciare; e colui che non è mai stato MUTO, dovrebbe almeno non
pretendere mai di parlare nella sfera religiosa ma rimanere nel suo
ambiente, nella camera da letto, nella bottega, nei cicalecci della
strada.S.Kierkegaard
Date: 02/24/02 07:08:31 AM
Name: Logio
Email: paologio@inWind.it
Subject: Re: No Subject
In compagnia di Kierkegaard, però...proprio perché ha parlato di "sfera"
religiosa!
Date: 02/24/02 08:32:45 AM
Name: Didier
Email:
Subject: L'intruso
Per lottare contro l'intrusione il soggetto precipita
nell'identificazione con l'immagine dell'altro, e questo paradossalmente
approda a una serializzazione, a una corsa precipitosa il cui termine è
la morte.
Date: 02/24/02 10:37:53 AM
Name: Didier
Email:
Subject: Espunzione
E' stato espunto dalla pagina Web del Forum un intervento di Logio...un
brano di Fiesta di Hemingway...
Date: 02/24/02 10:56:46 AM
Name: Didier
Email:
Subject: correzione
L'autore è WLTR che non conosco, l'intervento è Rallegriamoci e
Benediciamo.Evidentemente è stato espunto per poco e poi rimesso...
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